Come affrontare le diseguaglianze nella salute. Dalla teoria
alla pratica
Gavino Maciocco
Per la prima
volta il codice di deontologia medica introduce il concetto di diseguaglianze
nella salute e indica il dovere per i medici di collaborare alle politiche di
contrasto. Le istituzioni mediche hanno dovuto prendere atto delle crescenti
diseguaglianze nella salute e di un dibattito sui determinanti sociali e sulla
salute globale che negli ultimi anni si è sempre più esteso tra associazioni,
organizzazioni non governative, gruppi studenteschi fino a coinvolgere ordini
professionali, servizi pubblici e istituzioni accademiche. Dimostrando che è
possibile passare dal dire al fare.
Lo scorso 18 maggio è stato approvato il nuovo codice di
deontologia medica che – tra l’
altro – modifica il titolo e il contenuto dell’articolo 5, che oggi così
recita:
Art.5
Promozione della salute, ambiente e salute globale
Il medico,
nel considerare l’ambiente di vita e di lavoro e i livelli di istruzione e di
equità sociale quali determinanti fondamentali della salute individuale e
collettiva, collabora all’attivazione di idonee politiche educative, di
prevenzione e di contrasto alle diseguaglianze nella salute, informando sui
principali fattori di rischio.
Il medico,
sulla base delle conoscenze disponibili, si adopera per una pertinente
comunicazione sull’esposizione e sulla vulnerabilità a fattori di rischio
ambientale e favorisce un utilizzo appropriato delle risorse naturali per un
ecosistema equilibrato e vivibile anche dalle future generazioni.
Nella nota in fondo vedi la versione del Codice del 2006
È la
prima volta che il codice deontologico introduce il concetto di diseguaglianze
nella salute e indica il dovere per i medici di collaborare alle politiche di
contrasto. Le istituzioni mediche hanno dovuto prendere atto delle crescenti
diseguaglianze nella salute e nella malattia tra la popolazione italiana e tra
le popolazioni di diverse parti del mondo (a proposito di salute globale) e di un dibattito sui determinanti
sociali e sulla salute globale, appunto, che negli ultimi 15 anni si è sempre
più esteso tra associazioni, organizzazioni non governative, gruppi
studenteschi fino a coinvolgere gli ordini professionali e le istituzioni
accademiche (vedi tag Formazione
in salute globale).
Ha certamente
contribuito alla presa di coscienza e all’allargamento del dibattito quanto
proveniva dal contesto internazionale, dall’OMS, in primis,
con la pubblicazione nel 2008 del documento sui “Determinanti
sociali di salute” (vedi post di Sara Barsanti).
Hanno
contribuito anche le posizioni chiare e esplicite espresse dalle più importanti
società scientifiche britanniche (come il Royal College of Physicians
e il Royal College of General Practitioners)
nel documento pubblicato nel 2010 dal titolo “How doctors can close the
gap.Tackling the social determinants of health through culture change, advocacy
and education.” (vedi post di Chiara Di Girolamo,
Alice Fabbri, Chiara Bodini, Ilaria Camplone e Ardigò Martino).
In che modo i medici possono chiudere il gap e affrontare le
diseguaglianze nella salute?
Vale la pena
ricordare alcuni passi di questo documento perché possono rappresentare una
guida anche per noi, per dare un seguito alle pur importanti affermazioni
contenute nel nuovo Codice di deontologia medica.
“È
comunemente riconosciuto che i medici sono tra i più rispettati professionisti
nella società e questa benevolenza nei loro confronti deve essere incanalata in
programmi che affrontano le diseguaglianze nella salute. Bisogna che i medici a
tutti i livelli si uniscano alle forze che si battono per l’equità nella salute
– dagli studenti in medicina ai più potenti presidi delle facoltà di medicina.
L’intera professione medica può usare la sua voce influente, sia a livello
personale sia a livello locale o nazionale, per promuovere azioni sui
determinanti sociali di salute.”
“Per
affrontare efficacemente i determinanti di salute è necessario un approccio
olistico ai problemi, con i medici che non solo si fanno promotori della salute
e della prevenzione delle malattie, ma che collaborano con tutti gli altri
settori della società per sviluppare soluzioni per ridurre le diseguaglianze.
C’è bisogno
di un più alto livello di coesione tra professionisti impegnati in diversi
campi dell’assistenza sanitaria, in modo da occuparsi dei determinanti sociali
della salute in modo più efficace e più mirato. Una maggiore interazione tra i
team che si occupano di sanità pubblica e ricercatori, clinici, operatori
sociali e amministratori locali, e un migliore flusso d’informazioni tra questi
gruppi, aiuterà a stabilire quali iniziative di promozione della salute sono
più efficaci e quali gruppi di popolazione sono meno serviti e protetti. La
condivisione delle informazioni sulle migliori pratiche su come affrontare i
determinanti sociali di salute dovrebbe essere incoraggiata e centralizzata”.
“La sfida
chiave per affrontare le diseguaglianze nella salute è rappresentata dal fatto
che i più svantaggiati e marginalizzati sono spesso gli ultimi nella società a
ricercare l’aiuto medico. Ciò deriva da impedimenti fisici o mentali, problemi
logistici, barriere linguistiche o anche da un’attitudine fatalistica verso la
salute e dal considerare la malattia come inevitabile. Tutti i professionisti
della salute devono impegnarsi con le loro comunità locali e lavorare per
ampliare l’accesso ai servizi e per connettersi con i gruppi di popolazione più
difficili da raggiungere. I programmi sanitari dovrebbero essere progettati per
dare agli utenti più potere e più possibilità di aumentare il controllo sulla
loro salute. E’ vitale fornire ai gruppi socialmente svantaggiati, e in
particolare ai giovani, un’informazione accessibile e amichevole sui problemi
sanitari. Questi tipi di programmi devono procedere insieme a una generale
ristrutturazione dei servizi di cure primarie che preveda una loro forte
integrazione con i servizi sociali, educativi e per l’impiego.”
“Noi dobbiamo
dare agli studenti in medicina e agli specializzandi l’incoraggiamento e il
supporto per interessarsi dei determinanti sociali della salute e promuovere la
salute tra la popolazione, piuttosto che concentrarsi soltanto sulla cura dei
singoli pazienti. E’ importante convincere gli studenti già nelle fasi iniziali
della loro carriera di studi che imparare i determinanti sociali di salute li
aiuterà veramente a migliorare la salute della società. I problemi di sanità
pubblica riguardanti le diseguaglianze nella salute e dei determinanti sociali
di salute dovrebbero essere inseriti in tutte la parti del curriculum degli
studi e nella formazione pratica. (…)
La formazione
sui determinanti sociali di salute dovrebbe essere inclusa anche nelle
discipline cliniche, dove la discussione sulle cause di una malattia dovrebbe
tener conto del contesto familiare del paziente, del suo ambiente di vita e di
lavoro. Per esempio quando si studiano le malattie respiratorie gli studenti
dovrebbero conoscere in che modo il contesto socio-familiare può influenzare
l’abitudine al fumo dei pazienti, e quali potrebbero essere le misure per
ridurre tale impatto. Anche nell’ambiente ospedaliero la discussione dei casi
clinici dovrebbe includere la prospettiva socioculturale.”
Dalla teoria alla pratica
I post che
abbiamo allegato a questo editoriale parlano di come – con modalità e contesti
molto diversi – si può passare dalle parole ai fatti.
Il primo, Diseguaglianze, povertà
alimentare e salute, parla
di 170 accademici e specialisti in sanità pubblica britannici che, a nome della
UK Faculty of Public Health, si sono mobilitati per denunciare pubblicamente –
chiamando in causa il capo del governo, David Cameron – la condizione di
povertà e di denutrizione in cui versa una parte della popolazione. “Noi non
possiamo accettare questa situazione nel Regno Unito, la sesta potenza
economica del mondo, la terza in Europa. Noi le chiediamo di istituire
urgentemente una commissione indipendente per monitorare nutrizione e fame
(“nutrition and hunger”) nel Regno Unito”.
Il secondo, Andare a curare gli ultimi.
L’esperienza dell’Asl di Cagliari, racconta un caso
unico in Italia: un servizio sanitario pubblico che si attrezza per assistere,
con un’ambulanza che gira di notte, gli ultimi della città. Inizialmente
nato come servizio dedicato agli immigrati senza fissa dimora,
successivamente si è dovuto prendere atto della presenza di numerosi cittadini
locali che a Cagliari vivono ai margini della società, in precarie condizioni
di salute.
Nota: Codice di Deontologia Medica (2006)
Art.5
Educazione alla salute e rapporti con l’ambiente
Il medico è
tenuto a considerare l’ambiente nel quale vive e lavora quale fondamentale
determinante della salute dei cittadini. A tal fine il medico è tenuto a
promuovere una cultura civile tesa all’utilizzo appropriato delle risorse
naturali anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione di
un ambiente vivibile.
Il medico
favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione e di tutela della salute
nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva.
Fonte: Saluteinternazionale