Cura del caso singolo e trattamenti (terapeutici) non validati (c.d.
“uso compassionevole”)
Il parere
affronta il tema del cosiddetto “uso compassionevole” dei farmaci, cioè
dell’impiego di trattamenti individuali o di gruppo, per pazienti con patologie
serie e spesso letali, nel caso in cui i medici ritengano che quel tipo di
terapia non abbia alternative e possa arrecare benefici o miglioramenti alle
condizioni di vita. Non si discute di un’alternativa ai noti percorsi approvati
e condivisi di sperimentazione farmacologica, ma di prevedere un’eccezione, in
situazioni particolari e rigorosamente circoscritte, per offrire alla speranza
di sopravvivenza dei pazienti tutte le risorse disponibili. Questa situazione
crea difficili problemi nella valutazione scientifica, nell’assunzione delle
responsabilità, nella distribuzione delle risorse, nella valutazione del
consenso informato. Per delineare un quadro il più completo possibile di questa
articolata problematicità, il testo affronta la tematica dai punti di vista del
paziente, dei medici e delle istituzioni. Il Comitato auspica che sia usata
un’espressione diversa da “cure compassionevoli”, per non confonderle con
legittimi sentimenti di empatia nei confronti di malati gravi e incurabili.
L’alternativa proposta è “trattamenti non validati a uso personale e non
ripetitivo”, con l’auspicio che un “consensus conference” internazionale possa
promuoverne l’uso. L’accesso a tali trattamenti deve avere il carattere
dell’eccezionalità, in assenza di terapie validate, in casi gravi di urgenza e
emergenza per un paziente in pericolo di vita, e non possono mai essere
un’alternativa, esplicita o surrettizia, alla sperimentazione clinica. Devono
comunque avere una ragionevole e solida base scientifica: dati pubblicati su riviste
internazionali di tipo peer-review, con evidenze scientifiche robuste, almeno
su modelli animali e possibilmente risultati di sperimentazioni cliniche di
fase I. La prescrizione deve essere a carico di un panel di esperti, designati
da istituzioni sanitarie pubbliche, in condizioni di totale trasparenza:
assenza di conflitti di interesse, pubblicazione sia della composizione dei
prodotti che dei risultati del trattamento, spiegazione esauriente ai pazienti
sulla potenziale pericolosità di trattamenti non validati, onere dei farmaci a
carico dei produttori e monitoraggio effettuato da istituzioni sanitarie
pubbliche. Solo in queste condizioni i trattamenti “compassionevoli” si possono
ritenere eticamente leciti e rientrano nel diritto generale alla salute. Il
parere è completato da una dettagliata nota giuridica.
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Fonte: Comitato Nazionale per la Bioetica