Il 3 dicembre viene celebrata la Giornata internazionale delle
persone con disabilità. Un’occasione per favorire una diffusa consapevolezza
delle condizioni di vita dei singoli e delle loro famiglie e a modificare gli
atteggiamenti.
Purtroppo,
secoli di segregazione e di invisibilità hanno creato una immagine luttuosa e
deformata della disabilità erigendo un muro di pregiudizi, anche inconsapevoli,
difficili da abbattere nei sentimenti e nelle coscienze delle persone. E i
pregiudizi determinano e giustificano comportamenti personali e scelte
politiche e sociali discriminanti.
Oggi, a
condizioni idonee le persone con disabilità studiano, lavorano, praticano
sport, vanno in vacanza. A condizioni idonee le persone con disabilità
frequentano cinema, teatri, musei, ristoranti. A condizioni idonee hanno amici,
formano famiglie…
Ma sono
proprio quelle “condizioni idonee” che troppo spesso mancano o sono compresse
dalla carenza o assenza di investimenti e risorse.
Secondo
una recente indagine ISTAT vivono in Italia oltre 3 milioni di persone con
gravi disabilità. Di queste solo un milione e centomila fruiscono di indennità
di accompagnamento.
Oltre
200 mila adulti vivono ancora in istituto o in RSA e quindi in situazioni
potenzialmente segreganti: a loro viene impedito di scegliere dove, come e con
chi vivere. Molte altre persone sono segregate in casa, assieme alle loro
famiglie a causa dell’assenza di supporti, di sostegni, di opportunità.
L’Italia
spende poco per la disabilità: 430 euro procapite (dati Eurostat), posizionandosi
al di sotto della media europea (538) nella parte bassa della classifica.
La
spesa media annua dei Comuni per disabile è inferiore ai 3000 euro l’anno con
una spesa giornaliera di 8 euro. Profonde sono le disparità territoriali: 469
euro in Calabria, 3875 in Piemonte…
Il 70%
delle famiglie con persone con disabilità non fruisce di alcun servizio a
domicilio. Meno di 7 disabili su 100 contano su forme di sostegno presso la
propria abitazione. Ciò significa che nella maggior parte dei casi le famiglie
gestiscono da sole ciò che i servizi non offrono, rinunciando a molto, spesso
anche al lavoro. E questo riguarda in particolare e ancora migliaia di donne a
cui è ancora oggi delegato forzosamente quel lavoro di cura che non conta su
alcun riconoscimento né formale né sostanziale.
L’esclusione
è più forte che mai nel mondo del lavoro: meno di un disabile su cinque lavora
con ciò che ne deriva in termini di realizzazione personale e di mancato
guadagno.
Non è
un caso che la disabilità sia uno dei primi determinanti dell’impoverimento e
della povertà. La condizione di disabilità sospinge verso la marginalità, erode
giorno dopo giorno risorse alle famiglie e ai singoli.
“Abbiamo osservato evoluzioni e accelerazioni,
essendone spesso i primi fautori –
commenta Vincenzo Falabella, Presidente della Federazione Italiana per il
Superamento dell’Handicap – ma ora abbiamo una stringente necessità di
avviare e consolidare compiute politiche inclusive delle persone con disabilità
per migliorane la effettiva condizione di vita: lavoro, sostegni alle persone e
alle famiglie, dopo di noi, autonomia personale e vita indipendente, scuola,
revisione dei criteri di valutazione della disabilità… Anche queste scelte
politiche sono l’indicatore della civiltà di un Paese che stiamo attendendo.”
La FISH
mette a disposizione nel proprio sito alcune semplici infografiche utili a
comprendere alcuni macroscopici fenomeni:http://www.fishonlus.it/media/infografiche/
Molti
altri dati sono disponibili nel sito www.condicio.it edito da FISH
FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap
www.fishonlus.it
www.facebook.com/fishonlus
twitter.com/fishonlus
fonte: Forum Terzo Settore