Inquinamento atmosferico e rischio di
tumore: una riflessione a più voci
Secondo i dati
riportati dal reparto di epidemiologia dei tumori del Cnesps-Iss, in Italia le
stime italiane di incidenza per il tumore del polmone risultano in forte
riduzione per gli uomini e in costante aumento per le donne. Per il 2013, si
stimano, 92 nuovi casi di tumore del polmone ogni 100.000 uomini e 35 nuovi
casi ogni 100.000 donne. Il numero totale di nuove diagnosi nell’anno è stimato
pari a 38.460, di cui 27.440 fra gli uomini e 11.020 fra le donne. Nel 2013 il
numero totale di persone che ha avuto nel corso della vita una diagnosi di
tumore del polmone è stimato pari a 96.280 casi, di cui 68.100 tra gli uomini e
28.180 tra le donne.
Il fumo di
tabacco è sicuramente tra le principali cause del tumore del polmone, tuttavia
altri fattori di rischio, di tipo occupazionale e ambientale, possono
contribuire, con frazioni variabili, all’insorgenza di questa patologia. Una di
queste è sicuramente l’inquinamento atmosferico che, nel 2013, è stato
dichiarato dall’International Agency for Research on Cancer (Iarc) un
cancerogeno (di gruppo 1) per l’uomo.
Come
racconta Francesco Forastiere (Dipartimento di Epidemiologia del
Servizio sanitario regionale, Regione Lazio), il 2013 è stato un anno molto
importante per lo studio della relazione tra qualità dell’aria e salute. Non
solo è stato nominato ufficialmente “anno dell’aria” dall’Unione europea ma è
stato anche un momento in cui sono state presentate diverse importanti
pubblicazioni scientifiche.
Dopo 4 anni
di intensa attività, sono stati resi pubblici i dati elaborati dallo studio Escape (European
Study of Cohorts for Air Pollution Effects), progetto europeo nato per valutare
gli effetti a lungo termine dell’inquinamento dell’aria sui cittadini del
vecchio continente. Risultati che hanno confermato il legame tra inquinamento
atmosferico e cancro del polmone e la relazione tra mortalità a lungo termine e
inquinamento dell’aria.
Ma tutto
questo fervore di dati e conferme di evidenze scientifiche, commenta Giovanni Marsili (direttore
Reparto Igiene dell’aria, Istituto superiore di sanità), impone una riflessione
generale su tutto il “modello” di gestione della qualità dell’aria dal punto di
vista della salute della popolazione. La decisione Iarc conferma autorevolmente
le ipotesi per il particolato atmosferico avanzate da oltre un decennio da
larga parte della comunità scientifica ma, estendendo la classificazione
all’inquinamento outdoor, mette in
discussione il concetto stesso di inquinamento atmosferico. Molti studi hanno
infatti dimostrato per l’esposizione a Pm10, e Pm2,5 l’assenza di soglie che garantiscano
dall’insorgenza di esiti sanitari avversi. Conseguentemente, considerato che in
nessun posto al mondo la concentrazione di Pm è uguale a zero, l’inquinamento
atmosferico outdoor diviene il più importante cancerogeno
esistente non per potenza ma per entità del numero degli esposti (che può
essere quantificato in oltre sette miliardi di individui).
FONTE: EPICENTRO
19 dicembre 2013