Il
JNC aggiorna le linee guida sull’ipertensione
L’ipertensione arteriosa rappresenta il più importante fattore di rischio modificabile per le malattie
coronariche, l’ictus cerebrale, lo scompenso cardiaco e l’insufficienza renale.
Il Joint National Committee (Comitato Nazionale Congiunto, JNC) ha
pubblicato di recente sulla rivista scientifica JAMA (Journal
of American Association) un Report con la versione 2014 (l’ottava) delle
linee guida per la gestione dell’ipertensione negli adulti.
L’aggiornamento era molto atteso, e non solo negli Stati
Uniti, in quanto le raccomandazioni sull’ipertensione del JNC per quasi 40 anni
hanno avuto un’influenza sulla diagnosi e la gestione dell’ipertensione, e
l’ultima versione delle linee guida risaliva al 2003.
In Europa, la Società Europea di Cardiologia (ESC) aveva
pubblicato lo scorso anno l’aggiornamento delle Guidelines
for the management of arterial hypertension, che indicano non
solo i farmaci per cui vi è evidenza di beneficio clinico, ma anche le
associazioni terapeutiche da utilizzare in maniera preferenziale e assegnano
particolare importanza al fattore età (con orientamenti anche per la classe
degli over 80) fornendo specifici target di trattamento.
Il primo report JNC fu pubblicato nel 1976 su iniziativa
del National
Heart, Lung and Blood Institute (NHLBI), che affidò a un Panel di
esperti la revisione sistematica della letteratura scientifica sulla
prevenzione, la diagnosi, la valutazione e il trattamento dell’ipertensione
arteriosa (PA). Da allora, con intervalli di quattro-sei anni, il JNC ha
pubblicato aggiornamenti periodici.
Il “JNC 8”, com’è stato ribattezzato, era composto da
esperti selezionati, tra più di 400 candidati, sulla base di specifiche
competenze sull’ipertensione, sulle cure primarie – incluse Geriatria,
Cardiologia, Nefrologia, Infermieristica, Farmacologia, Sperimentazione
Clinica, Medicina basate sulle Evidenze, Epidemiologia, Informatica – e sullo
sviluppo e l’implementazione delle linee guida nei sistemi sanitari.
Le raccomandazioni sono destinate a orientare la pratica
clinica. Eppure, proprio tra i clinici, sono sorte non poche perplessità.
L’obiezione principale riguarda l’aver innalzato da 140 mm HG a 150 mm HG il
valore soglia della PA per cui è raccomandato l’avvio di trattamenti
farmacologici negli over 60.
Dopo aver esaminato le prove disponibili sugli effetti dei
trattamenti della pressione arteriosa, inclusi gli eventi avversi, il Comitato
ha infatti concluso che “il trattamento aggressivo può portare a vertigini,
cadute e svenimenti nelle popolazioni anziane” e quindi ha ritenuto opportuno
elevare la soglia per l’impiego di farmaci negli over 60. Per le popolazioni
più giovani, resta invece confermato il valore di soglia 140/90 mm Hg.
Come riferisce il Rapporto 2012 dell’Osservatorio sull’Uso dei
Medicinali in Italia (OsMed), studi clinici hanno evidenziato, per la maggior
parte dei farmaci disponibili, un adeguato profilo di efficacia. Nonostante
ciò, lo studioEuroaspire III ha dimostrato che soltanto nel 26% dei
pazienti ad alto rischio cardiovascolare in trattamento antipertensivo
raggiunge il target pressorio, mentre il 30% dei pazienti ipertesi riceve una
terapia inadeguata o addirittura nessuna terapia. Oltre al corretto e precoce
riconoscimento del paziente iperteso, l’AIFA raccomanda un adeguato controllo
della PA e un’assunzione costante nel tempo della terapia farmacologica
antipertensiva, di essenziale importanza per il raggiungimento dell’obiettivo
terapeutico. Recenti studi hanno infatti evidenziato un numero elevato di
soggetti sotto-trattati e una bassa aderenza al trattamento.
Proprio il timore di una sottostima dei rischi connessi
all’ipertensione ha indotto voci autorevoli, compresa una non irrilevante
minoranza del Panel, a esprimere perplessità sui nuovi orientamenti del
Comitato, articolati in 9 raccomandazioni.
Secondo il Panel di esperti, vi sono forti evidenze a
supporto del trattamento farmacologico in soggetti ipertesi di 60 anni o più,
per un obiettivo di pressione sanguigna inferiore a 150/90 mm Hg, e in soggetti
d’età compresa tra i 30 e i 59 anni, per un obiettivo diastolico inferiore a 90
mm Hg; al contrario, non sussistono le stesse evidenze negli under 60 per un
obiettivo sistolico, o negli under 30 per un obiettivo diastolico, per cui per
questi gruppi, sulla base dell’esperienza, il panel continua a valutare
l’obiettivo di pressione sanguigna inferiore a 140/90 mm Hg. Le stesse soglie e
gli stessi obiettivi sono raccomandati per gli adulti ipertesi con diabete o
malattia renale cronica (MRC) non diabetica, così come per la popolazione
generale under 60 ipertesa.
Il JNC ritiene vi siano prove moderate a supporto
dell’inizio di un trattamento farmacologico con un inibitore dell’enzima di
conversione dell’angiotensina, con un antagonista del recettore
dell'angiotensina, con un calcio-antagonista o con un diuretico di tipo
tiazidico nella popolazione ipertesa non nera, inclusa la popolazione con
diabete. Nella popolazione ipertesa nera, inclusi i diabetici, è raccomandato,
come terapia iniziale, un calcio-antagonista o un diuretico di tipo tiazidico.
Vi sono poi moderate evidenze a supporto di una terapia antipertensiva iniziale
o addizionale con un inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina o
con un antagonista del recettore dell'angiotensina in persone con MRC, per
migliorare i risultati a livello renale.
Come detto, le raccomandazioni del Comitato hanno
suscitato alcune perplessità. In un editoriale dal titolo End
of the Joint National Committee Heritage?, pubblicato lo scorso
3 febbraio su Hypertension,
Eoin O’Brien, docente di Farmacologia Molecolare al Conay Institute dell’Università di Dublino, sintetizza
così la sua posizione: “è comunemente riconosciuto che la misurazione
convenzionale della pressione sanguigna sia imprecisa e fuorviante e non vi
sono dubbi circa la rilevanza della “ipertensione da camice bianco” come causa
di trattamento farmacologico inutile, dispendioso ed estremamente costoso nel
20% delle diagnosi effettuate con tale modalità. Eppure, un medico che volesse
trovare nelle linee guida un riferimento dettagliato sulla misurazione della PA
dovrà sfogliare un supplemento di 316 pagine online per scoprire che
si applica ancora la raccomandazione del JNC 7 (pubblicata nel 2003). Ciò
significa che un decennio di ricerca sulla gestione ambulatoriale della
pressione arteriosa – che richiama ogni anno circa 10.000 pubblicazioni su
PubMed – è stata completamente ignorata. Eppure è evidente che un biomarcatore
con una quota di falsi positivi del 20% – aggiunge O’Brien – non può essere
considerato sufficiente, specie alla luce del fatto che oggi esiste un ulteriore
semplice test, l’Holter Pressorio (Monitoraggio pressorio delle 24 Ore, ABPM)
per la diagnosi e la gestione dell’ipertensione, che può scongiurare
misurazioni fallaci”.
L’altra critica riguarda, come accennato, l’innalzamento
della soglia per il trattamento farmacologico dell’ipertensione arteriosa.
O’Brien non è d’accordo e definisce “grave” la raccomandazione in proposito. E
non è l’unico a pensarla così. I dubbi sono sorti anche in seno al Panel di
esperti. I membri del JNC 8 che hanno votato contro la raccomandazione hanno
avvertito il bisogno di motivare il loro parere in un editoriale pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine: "Noi,
la minoranza del gruppo, credevamo che non vi fossero prove sufficienti per
aumentare l’obiettivo di PA [bersaglio della pressione sistolica] dal suo
livello attuale di 140 mm Hg. Temiamo che ciò possa aumentare il rischio di
malattie cardiovascolari e vanificare, in parte, i notevoli progressi nel
ridurre la mortalità cardiovascolare negli americani di età superiore ai 60
anni".
Altri cardiologi hanno sollevato preoccupazioni simili.
Secondo l'American Heart Association (AHA),
76,4 milioni di americani adulti sono ipertesi, ma circa un terzo non ne è
consapevole, per cui non riceve un trattamento adeguato. In un'intervista all'Associated
Press, Elliott Antman, presidente eletto dell’AHA, cardiologo
presso il Brigham
and WomenHospital e docente all’Harvard
Medical School di
Boston, ha espresso il disagio dell’AHA in merito alla decisione del Comitato:
"Siamo preoccupati – ha affermato – che allentare le raccomandazioni possa
esporre più persone al problema del non adeguato controllo della pressione”.
Suzanne Steinbaum, direttore dell’Women and
Heart Disease al Lenox Hill Hospital di New York, afferma di non aver cambiato
il suo approccio nei confronti dei pazienti oltre i 60 anni. Una delle
preoccupazioni di Steinbaum, “al di là del fatto che la ricerca sostiene la
necessità di trattare l'ipertensione per ridurre i rischi per la salute, è che
le persone vivono più a lungo, spesso fino alle fine dei loro 80 anni, e a 60
sono ancora relativamente giovani per non essere trattati se superano la soglia
di pressione arteriosa di 140 mmHg / 90 mmHg. Il piccolo rischio di cadute e
svenimenti non è sufficiente a superare i benefici della riduzione della
pressione sanguigna ed evitare malattie cardiache e ictus”.
A difendere la decisione del Panel, il dottor Paul A.
James, capo del dipartimento di Medicina di famiglia presso l'Università di
Iowa e co-presidente del Comitato sulle linee guida, che scrive in una e-mail
al Time: "Vi
posso assicurare che il Panel ha discusso i pareri dei membri in minoranza in
tre diverse occasioni e la maggioranza non era persuasa che l'esperienza di
alcuni dovesse portare a ignorare le prove scientifiche". James ha
aggiunto che, come per tutti i farmaci, i medici potranno utilizzare le
raccomandazioni come linee guida e prescrivere in base alla loro valutazione su
ciascun paziente. "Tutti i farmaci possono avere un pericolo potenziale,
dal sovratrattamento, agli effetti collaterali, alle interazioni farmacologiche
– scrive James – L'evidenza scientifica aiuterà i medici a prendere decisioni
migliori. I medici che operano sulla base dell’evidenza generalmente
condividono una regola semplice: se non si può dimostrare che un farmaco aiuta
il paziente, quel farmaco non va prescritto".
Gli stessi Autori dell’Editoriale su JAMA riconoscono che
“queste raccomandazioni non sostituiscono il giudizio clinico, e qualsiasi
decisione sulla salute deve considerare attentamente e inglobare le
caratteristiche cliniche e le condizioni specifiche di ogni paziente”.
le Raccomandazioni JNC per la gestione dell'Ipertensione
Pubblicato su: pagina web AIFA 24/02/2014