Lettere e numeri: quanto poco ne sanno gli
italiani
A spaventare non
sono due parole difficili come literacy e numeracy che indicano rispettivamente la
competenza alfabetica e numerica funzionale, vale a dire la capacità di
utilizzare strumenti linguistici e matematici quando se ne richiede
l’applicazione nella vita di un adulto del XXI secolo. Si tratta di competenze
cognitive e lavorative indispensabili per la crescita della persona, la
partecipazione economica e l’inclusione sociale. A preoccupare sono invece i
primi dati dell’indagine
Piacc (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) (pdf 736 kb) relativa al periodo
2011-2012, che ha esplorato tali competenze nella popolazione tra i 16 e i 65
anni in 24 Paesi di Europa, America e Asia, e ha messo in evidenza il primato
negativo dell’Italia in ambito europeo.
L’indagione Isfol-Piacc
Per l’Italia,
l’indagine è stata realizzata e condotta dall’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della
Formazione professionale dei Lavoratori) su incarico del Ministero del Lavoro
che, a ottobre 2013, ha pubblicato i dati nazionali. L’indagine Piacc fa
seguito alle equivalenti e precedenti Ials (International Adult
Literacy survey) del 1994-1998 (pdf
2,2 Mb) e All (Adult Literacy and Life
skills) del 2006-2008 (pdf
10,3 Mb).
Il documento
è organizzato in 9 sezioni che presentano la relazione tra le competenze di literacy
e numeracye una serie di variabili demografiche e socio-economiche
nonché – e questa è una delle novità più significative – con il loro impiego in
contesto lavorativo:
Le
competenze dei 16-65enni: il gap Italia nel confronto internazionale
1. Il
ruolo decisivo della collocazione geografica
2. Partecipazione
alla formazione e competenze: il vantaggio della formazione
3. Contesti
di lavoro, competenze e mismatch
4. I
rischi del non lavoro: i giovani Neet e competenze
5. I
rischi del perdurare della disoccupazione
6. I
soggetti culturalmente più deboli: i pensionati e le persone che svolgono
lavoro domestico non retribuito
7. Le
competenze dei migranti in Italia: inclusione socio-culturale e riconoscimento
come risorsa per lo sviluppo
8. Abilità
Ict in Piaac
Le
competenze sono espresse in base a un punteggio (scala da 0 a 500) e
classificate in 6 livelli (scala da <1 a 5, dove 3 rappresenta il punteggio
minimo e indispensabile “per vivere e lavorare nel XXI secolo”).
Un esempio
eloquente di contesto sanitario si ricava dalla indagine Ocse All (pdf 4,1 Mb) - quella immediatamente
precedente la Piaff e ad essa equivalente – secondo la quale una persona che si
collochi nel livello 1 può avere problemi nell’interpretare indicazioni anche
semplici contenute nel foglietto illustrativo di un medicinale, per esempio il numero
massimo di giorni accettabile per assumere una medicina. I dati 2013 finora
pubblicati non sviluppano considerazioni mirate sulla diversa capacità di
gestire la propria salute al variare delle compenze di literacy
e numeracy.
Italia fanalino di coda
L’Italia è ultima
in Europa per le competenze alfabetiche (media europea vs media italiana: 273
vs 250) e penultima per quelle matematiche (269 vs 247). Supera la soglia “di
sopravvivenza”, corrispondente al livello 3, meno di un terzo degli adulti (il
29,8% quanto a literacy e il 39% quanto a numeracy); 4 italiani su 10 si
collocano nel livello 2 (il 42,3% quanto a literacy e il 28,9% quanto a
numeracy). La forbice con l’Europa si divarica con il crescere della
scolarizzazione: i più lontani dalla media del continente sono i laureati
d’Italia (scarto di 16 punti, rispetto a una decina di punti o anche meno
quando si confronta l’istruzione primaria e secondaria).
Chi sale, chi scende e chi si
allinea
Peraltro, anche
l’allontanamento precoce dalla scuola senza ingresso nel mondo del lavoro
compromette il raggiungimento di un livello adeguato di competenze linguistiche
e matematiche, per l’effetto combinato della perduta occasione di apprendimento
formale (quello scolastico) e della mancata opportunità di apprendimento
informale (quello lavorativo, sul campo). è questo il profilo emergente dei
Neet (Not Education, Employment or
Training), giovani tra i 16 e i 29 anni che totalizzano il
punteggio in assoluto più basso (media della literacy 242) non solo rispetto ai coetanei, ma
anche alla media nazionale e rappresentano dunque una categoria a rischio.
Sono invece
in recupero le persone “mature” tra i 55 e i 64 anni e l’effetto finale è una
riduzione dello scarto tra i giovani e i gli anziani (più che dimezzato da 63 a
30 punti rispetto alla precedente indagine). Ancora una volta, si riscontra una
costante di molte statistiche italiane: la situazione di svantaggio più marcata
man mano che si scende verso il Sud; la tradizionale differenza di genere, con
le donne penalizzate, si è invece praticamente annullata nei dati Piacc.
Casi particolari
Un altro primato
italiano, anch’esso poco lusinghiero, è quello del mismatch, del quale si
distinguono due tipologie. Per quanto riguarda il qualification
mismatch ovvero la mancata
coerenza tra il livello di qualificazione effettivo degli occupati e quello
ritenuto necessario per lo specifico lavoro, il 13% degli italiani (rispetto a
una media Piacc del 21%) è over-qualificato
cioè ha un livello di istruzione superiore a quello richiesto; oltre il 22%
(rispetto a una media Piacc del 13%) è sotto-qualificato, cioè ha un livello di
istruzione inferiore. Riguardo lo skill mismatch,
ovvero la mancata coerenza tra le competenze della persona e quelle richieste
per il lavoro, gli italiani con competenze superiori a quelle richieste sono
l’11,7% (rispetto a una media Piacc del 10,3%, dati riferiti alla literacy ma simili per la numeracy);
quelli con competenze inferiori a quelle richieste sono il 6% (rispetto a una
media Piacc del 3,6%, stesso discorso per literacy e numeracy).
Il bicchiere mezzo pieno
I dati Piacc hanno
dato luogo a varie letture, interpretazioni, equivoci e fraintendimenti, magari
solo eccessive semplificazioni (sarà anche questa una questione di literacy?)
e si è giunti a parlare di povertà di capitale umano e di inoccupabilità degli
italiani sul mercato del lavoro europeo. Ma per essere costruttivi, una volta
stabilito che l’Europa è lontana e l’Italia il fanalino di coda, è meglio prima
guardarsi intorno e lanciarsi all’inseguimento. E cosi facendo compare anche
qualche elemento confortante.
Guardandosi
intorno, i dati Piacc rivelano che negli ultimi anni i primi della classe, come
la Svezia, non sono progrediti o sono anzi peggiorati. Guardando indietro, poi,
si scopre che l’inseguimento è in atto, visto che l’Italia ha ridotto il
distacco dalla media europea rispetto alle precedenti indagini del 1994-1998
(Ials, International Adult Literacy survey) e la già citata ALL (ALL, Adult
Literacy and Life skills) del 2006-2008. In particolare, si osserva una
riduzione consistente della quota di popolazione che si colloca nei livello 1
(in calo dal 14% dell’ultima rilevazione al 5,5%), gradualmente in via di
promozione al livello 2 (in crescita dal 34,5% al 42,3%), un fenomeno che è
specchio soprattutto della riduzione dell’analfabetismo.
L’importanza della formazione
Lo strumento
indispensabile per riallinearsi a un accettabile standard europeo risulta
essere la formazione. Anche qui i dati parlano chiaro: la probabilità di superare
la soglia del livello 3 è doppia (40% vs 20%) per chi ha fatto formazione
rispetto a chi non ha seguito questo tipo di percorso (punteggio di literacy pari a 268 vs 241). La prova del nove?
La partecipazione ad attività di apprendimento formale e informale degli adulti
italiani è la più bassa tra i paesi Ocse (24% rispetto una media del 52%).
Risorse utili
FONTE: epicentro 7
novembre 2013 -