L’istituto Mario Negri
ritira l’adesione ad un progetto della GlaxoSmith&Line: “Il
segreto posto sui risultati degli studi clinici –
commenta il direttore dell’Istituto Silvio Garattini - rappresenta un’indebita spoliazione
dei diritti dei pazienti e dei medici …”
Il comunicato dell’Istituto
Il Mario Negri non si piega alle
imposizioni dell’industria farmaceutica
(e rinuncia a un
progetto che manca di trasparenza)
Milano,
Settembre 2013 -
Un editoriale della prestigiosa rivista British Medical Journal comunica una
notizia che ha fatto scalpore nell'ambiente scientifico. L’IRCCS-Istituto di
Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha ritirato la propria adesione a un
progetto Innovative Medicines Initiative (IMI) che, finanziato al 50%
dall'Unione Europea, intende sviluppare un farmaco di proprietà della GlaxoSmith&Kline (GSK).
Il
Mario Negri si è ritirato perché GSK pretende per sé il diritto di accordare o
negare l’accesso ai dati dello studio e il controllo della loro pubblicazione.
GSK intende esercitare il suo controllo non solo nei confronti della comunità
scientifica in genere, ma perfino degli stessi ricercatori partecipanti allo
studio.
“Il segreto posto sui risultati degli
studi clinici –
commenta Silvio Garattini, Direttore del Mario Negri – rappresenta
un’indebita spoliazione dei diritti dei pazienti e dei medici che partecipano
allo studio: i dati in definitiva sono loro”.
Il
Mario Negri non richiedeva per sé la proprietà dei dati. “Non lo facciamo mai – continua Garattini – perché
sarebbe contrario ai nostri principi etici”. Notoriamente, infatti,
l’Istituto Mario Negri non brevetta le scoperte dei suoi ricercatori, ma le
rende subito pubbliche, a beneficio dei pazienti e della comunità scientifica.
Le
pretese di GSK sono ancor più inaccettabili nel contesto di un progetto IMI. “L’Innovative Medicines Initiative - precisa Vittorio Bertelé che ha
partecipato alle trattative con GSK - sostiene con fondi dell’Unione
Europea progetti di collaborazione tra industria e accademia con l’intento
specifico di promuovere l’innovazione. L’industria ci mette il prodotto grezzo;
ma sono i pazienti e i ricercatori clinici che lo sviluppano, per di più con
fondi pubblici”.
I
ricercatori del Mario Negri chiedevano solo che chi partecipava allo studio
potesse almeno accedere a tutti i dati che rappresentavano la base per la
pubblicazione. Sembrava assurdo che si potesse essere autori senza poter
aver analizzato i risultati di tutti i pazienti.
“Invece - sottolinea Guido Bertolini,
Coordinatore della rete di centri che avrebbe dovuto condurre lo studio -, ci
siamo trovati a discutere con gli avvocati della casa madre di GSK sui cavilli
pretestuosi di una bozza di accordo che sostanzialmente concedeva all’azienda
il pieno controllo dello studio, dei suoi risultati e della pubblicazione di
questi”. Fatto questo inammissibile sia per il ricercatore del
Mario Negri, sia per la rete di centri di terapia intensiva, nota come GiViTI,
che avrebbe dovuto partecipare allo studio.
Il
mancato accordo con GSK comporta l’impossibilità per il Mario Negri di accedere
ai fondi messi a disposizione dall’IMI. “Si
tratta di un notevole sacrificio economico in tempi già per sé difficilissimi - conclude Garattini –, ma
non potevamo abdicare ai nostri principi né tradire la fiducia di chi sostiene
la nostra ricerca”.
Il
problema sollevato dal Mario Negri si inquadra nel problema sempre più sentito
a livello della comunità scientifica internazionale: evitare che i pur
legittimi interessi dell'industria prevalgano sulla necessità di programmare,
condurre e valutare i risultati della ricerca clinica in modo
indipendente per tutelare ciò che più conta, cioè i diritti dei pazienti.
Fonte:
http://www.marionegri.it/mn/it/pressRoom/comStampa/bmjsettembre2013.html#.UimfqdL0ER0