La Rivista delle Politiche Sociali n.
2/2016: Le politiche educative in Italia
- § Sezione Monografica: Le politiche educative in Italia: tra retoriche del cambiamento e questioni irrisolte
- § Sezione Attualità: Tutela
della Salute e sanità pubblica
- § Sezione Dibattito: Un
reddito per tutti ?
L’ultimo
numero di Rps dedica la sezione monografica alle politiche educative in
Italia. A emergere è una scuola in affanno e una scarsa
consapevolezza da parte della politica della «posta in palio» e delle direzioni
da intraprendere per invertire le tendenze in atto. Anche i provvedimenti
racchiusi nella normativa della «Buona scuola» non appaiono in grado di
affrontare i problemi più gravi: non si evince una vera e propria linea di
discontinuità, se non sul piano della «governance» in cui di fatto rischiano di
andare perduti «vari elementi di collegialità (allargata a docenti, genitori,
studenti o loro rappresentanze)».
Nel
nostro paese tutti gli indicatori e le comparazioni internazionali mostrano una
insufficiente attenzione alle politiche dell’istruzione e, addirittura, negli
ultimi anni, a partire dall’inizio della Grande Recessione, una riduzione
consistente di risorse pubbliche destinate alla scuola e all’università,
tant’è che quest’ultima «per la prima volta nella sua storia è diventata
significativamente più piccola». In Italia c’è poi una problematica ulteriore,
dovuta ai flussi migratori che ormai da decenni interessano l’Italia e che
imporrebbero una forte attenzione all’integrazione dei «nuovi italiani»,
proprio a partire dalla scuola primaria e secondaria.
A
ciò si aggiunga l’altra grande sfida che il sistema educativo si trova ad
affrontare e che riguarda il raccordo con le politiche del lavoro e la
transizione scuola-lavoro. In tale ambito, ci troviamo in presenza di
alcuni provvedimenti che sembrano segnare una linea di discontinuità con il
passato: da un lato l’obbligatorietà per tutte le scuole dei programmi di
«Alternanza scuola-lavoro» (Asl), e, dall’altro, la realizzazione degli Istituti
tecnici superiori (Its) ovvero di un percorso formativo biennale
post-diploma in grado di creare finalmente un’alternativa all’istruzione
universitaria, fortemente collegato con la domanda di lavoro. Si tratta
indubbiamente del primo e più importante tentativo realizzato nel nostro
sistema di welfare di rompere il monopolio universitario nell’educazione
terziaria e di costruire percorsi formativi in stretta correlazione con le
cangianti esigenze della domanda di lavoro: è troppo presto per proporre un
bilancio in merito, occorrerà seguirne con attenzione il processo di
implementazione.
Occorre
altresì ricordare come il canale da sempre privilegiato nel nostro paese per
intrecciare formazione e lavoro è stato l’apprendistato: in tale ambito
da oltre sessanta anni si sono esercitati continuamente i nostri legislatori
tanto da modificarne continuamente le caratteristiche. Nonostante gli
intendimenti e le politiche per trasformarlo nel contratto di inserimento per
eccellenza, continua a configurarsi come canale di recupero di insuccessi
scolastici e incide poco sulla riduzione della disoccupazione.
Naturalmente
la «geografia» del nostro paese mostra profonde differenziazioni territoriali
in tutti i fenomeni analizzati ma, al di là delle consuete differenze fra Sud e
Nord, un dato si impone: la necessità di tornare a «investire nel sociale»,
a partire proprio dall’istruzione, se si vuol offrire un futuro alle giovani
generazioni e non continuare ad arretrare in tutte le graduatorie
internazionali riguardanti la qualità degli assetti democratici e dello
sviluppo e la diffusione dei diritti sociali.
Di tutela della
salute si discute nella sezione Attualità ponendo in evidenza come da molti
anni, la sanità pubblica italiana si stia indebolendo, complice
l’indifferenza nei confronti di restrizioni economiche che aggravano le
difficoltà di accesso alle cure di molti cittadini. In tale contesto,
paradossalmente, il tema più dibattuto non è quello delle diseguaglianze
che ne conseguono bensì quello della inefficienza della spesa sanitaria privata
e della presunta necessità di una maggiore intermediazione. L’accento è posto
poi sulla sostenibilità dell’universalismo dei sistemi sanitari e
l’invecchiamento della popolazione, nonché sull’efficacia della formazione
nella prevenzione della corruzione.
Chiude il fascicolo
il dibattito sul reddito di base che a partire dal
libro di Granaglia e Bolzoni (Il reddito di base, Ediesse, 2016) esamina
l’importanza di un tale strumento, e in modo particolare del «reddito di
cittadinanza», considerandolo come una misura di grande rilevanza per poter
rispondere in modo equo ed efficace la duplice sfida rappresentata dalla crisi
economica e dalla trasformazione del mondo del lavoro nei paesi europei.
Contributi
di:
Marco Arlotti, Ugo Ascoli, Eduardo Barberis, Adolfo Braga,
Massimo Brunetti, Gianluca Busilacchi, Domenico Cersosimo,
Andrea Ciarini, Marta Cordini, Massimiliano De Conca,
Nerina Dirindin, Gianna Fracassi, Emanuela Ghignoni,
Orazio Giancola, Nicola Giannelli, Paolo R. Graziano,
Giustina Orientale Caputo, Andrea Parma, Chiara Rivoiro,
Emmanuele Pavolini, Gianfranco Viesti.
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