IL
CUORE DEGLI ITALIANI
Da: repubblica.it
Sorpresa, ora agli italiani piace la sanità pubblica
Il
sondaggio. La prevenzione è in aumento, dallo stile di
vita ai controlli. A fare paura a giovani e anziani è sempre "il male
oscuro", difficile da guarire per sempre. Il vantaggio competitivo
riconosciuto ai privati riguarda i tempi più brevi
di
ILVO DIAMANTI
Non c'è "sentimento" fra società
e istituzioni, in Italia. è una storia lunga, che negli ultimi tempi si è
complicata ulteriormente. Eppure, nonostante i problemi e le polemiche, gran
parte degli italiani si fida della sanità pubblica. E si dice soddisfatta. Dei
medici, degli ospedali, delle cure. I giudizi più positivi provengono da chi ha
avuto esperienza della sanità pubblica.
Per ragioni di "cuore". è il segno più visibile degli atteggiamenti
emersi dal sondaggio condotto da Demos su incarico di ATBV. Un'associazione
"professionale" a cui aderiscono medici specialisti di malattie
cardiovascolari. L'indagine (i cui risultati verranno presentati oggi a Bologna
al convegno nazionale di ATBV) ha analizzato gli orientamenti verso il sistema
sanitario tenendo conto dell'esperienza e della percezione della malattia, fra
coloro che hanno problemi cardiologici. (Un club di cui anch'io faccio parte.)
Ne emerge un legame stretto. L'esperienza della malattia, infatti, influenza
direttamente la valutazione dei luoghi e delle figure professionali che
caratterizzano la sanità. In senso positivo.
In generale, gli italiani dimostrano un buon grado di soddisfazione circa la
propria salute. Oltre il 90% sostiene di sentirsi "abbastanza" o
"molto bene". Tuttavia la paura del male è diffusa. Per primo e
soprattutto: incombe il "male oscuro". Non quello psichico, evocato
nel romanzo di Giuseppe Berto. Ma il male che tutti temono. Anche perché lo
incontriamo spesso, sempre più spesso. Si aggira intorno a noi. Ed è difficile
da curare, ma, soprattutto, da guarire definitivamente. Il tumore. Il cancro.
Di cui ammette di aver paura, più che di ogni altra malattia, oltre metà degli
intervistati (il 54%). è una paura senza età, senza distinzione di genere e
classe. Incombe su tutti. Anche le malattie neuro-psichiatriche (Alzheimer,
Parkinson, depressione) preoccupano molto. Soprattutto i più anziani. Ma in
misura notevolmente più limitata: 20%. Come, d'altronde, gli ictus: 12%. Mentre
l'angoscia suscitata dall'infarto e dalle crisi cardiache riguardano una quota
ancor più ristretta. Intorno al 7%. Anche se vengono percepite come un rischio
(medio o elevato) da oltre un quarto degli italiani. Senza troppe differenze,
dopo i 18 anni.
L'esperienza della malattia, comunque, cambia sensibilmente il rapporto con se
stessi e la propria salute, come appare evidente se consideriamo
l'atteggiamento dei "cardiopatici". I quali fanno osservare
un'attenzione maggiore rispetto al resto della popolazione nei confronti delle
cure e della prevenzione. Dopo la crisi cardiaca, infatti, mostrano di aver
modificato le loro abitudini e i loro stili di vita, in modo talora
significativo. Anzitutto, si sottopongono a controlli ricorrenti. Misurano con
regolarità colesterolo e pressione. E smettono di fumare. In misura più ampia
delle altre persone. Oltre il 45% di essi si sente "a rischio" di
ricadute.
Tuttavia, l'esperienza della malattia non sembra produrre una frattura
biografica violenta. Secondo la maggioranza della popolazione, dopo l'infarto,
la vita cambia, ma non in modo radicale. Certo, ci sente più insicuri. Ma il
corso della vita prosegue, con una maggiore cura di sé. Oltre il 75% della
popolazione, infatti, considera i cardiopatici persone che possono vivere
un'esistenza normale. Senza troppi problemi. Anche se debbono usare maggiore
cautela rispetto agli altri. Nove cardiopatici su dieci, peraltro, affermano di
considerare il loro stato di salute "buono". Cioè: come tutti gli
altri.
In generale, l'esperienza della malattia rafforza e migliora il rapporto con la
struttura sanitaria. Con le figure professionali mediche e paramediche e con le
strutture ospedaliere. Ma l'immagine del sistema sanitario appare, comunque,
molto positiva, presso tutta la popolazione. Anche oltre la cerchia di chi ha
potuto e dovuto sperimentarne l'utilità. Circa l'80% degli italiani, infatti,
esprime un grado di fiducia molto elevato verso i medici - ospedalieri e di
famiglia. Verso gli "specialisti" pubblici e privati. Verso gli
infermieri. La considerazione cresce, soprattutto, in riferimento al sistema
pubblico. La maggioranza dei cittadini (55%) ritiene, infatti, che la sanità
pubblica vada tutelata in modo autonomo e distinto. Senza metterla in
concorrenza con quella privata. E senza favorire processi di integrazione. La
sanità pubblica, invece, va rafforzata. E lo Stato dovrebbe sostenerla di più perché
è "un valore in sé", come sottolinea gran parte degli italiani. In
modo più convinto coloro che hanno fatto ricorso ad essa per motivi di urgenza
e necessità.
Alla base di questo giudizio, vi sono ragioni "fondate": la verifica
diretta della qualità, oltre che dell'utilità del servizio. Vi sono, inoltre,
valutazioni ampiamente condivise circa l'accessibilità. Perché, se la salute è
un diritto di tutti, diventa essenziale che sia, appunto, accessibile a tutti.
Dal punto di vista dei costi e dell'accoglienza. Della possibilità di poter
essere curati, soprattutto in caso di urgenza. Senza privilegi né distinzioni
sociali.
Per contro, il principale vantaggio competitivo riconosciuto alla sanità
privata riguarda i tempi lunghi di attesa per le visite, per i referti.
L'universalità e l'accessibilità, dunque: le "virtù" del servizio pubblico, rischiano, in questo caso, di divenire
"vizi". Perché rallentano le procedure e le attività maggiormente
richieste. Tuttavia, in quest'epoca di incertezza diffusa e in questo Paese,
dove lo Stato è guardato con sospetto e con sfiducia, dove le istituzioni
suscitano distacco: la sanità pubblica costituisce un buon punto di
riferimento. Capace di parlare ancora al "cuore" degli italiani.
Meglio tenerne conto.
LE TABELLE
NOTA INFORMATIVA
L'indagine "il cuore degli italiani" è stata realizzata da Demos
& Pi per ATBV.
Il sondaggio è stato condotto da Demetra (metodo CATI e CAWI) nel periodo 6-19
novembre 2013.
Il campione nazionale intervistato via telefono è tratto dall'elenco di
abbonati alla telefonia fissa (N=1.605, rifiuti/sostituzioni: 8.075) ed è
rappresentativo della popolazione italiana con 15 anni e oltre per i caratteri
socio-demografici e la zona geopolitica di residenza. Il campione intervistato
via web è tratto da un panel nazionale (N=1.020). I dati sono stati ponderati
in base al titolo di studio (margine di errore 2.5%).
Documento completo su www.agcom.it