Vitamina D:
secondo dati AIFA consumi in ascesa e prescrizioni poco appropriate
Durante la presentazione del Rapporto “L’uso dei Farmaci in Italia
(gennaio – settembre 2013)” il Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del
Farmaco, Luca Pani, ha definito la Vitamina D un “sorvegliato speciale”, per il
trend di crescita costante che le sue vendite stanno facendo registrare in
tutto il mondo e per la possibilità di utilizzo inappropriato da parte dei
pazienti.
In effetti il mercato globale della Vitamina D, secondo i dati resi noti da Euromonitor International, è uno
dei più lucrativi e in rapida espansione nell’ambito del settore dei cosiddetti
“nutraceutici”. Tra il 2007 e il 2012 ha fatto registrare il più alto tasso
annuo di crescita composto (20%) dell’intero comparto e ad oggi si attesta a
quota 934 milioni di dollari.
Secondo le previsioni più recenti potrebbe raggiungere quota 1,3
miliardi di dollari entro il 2017, a fronte dei 315 milioni di vendite globali
nel 2007. Una crescita impetuosa che sarebbe legata, secondo gli analisti, alle
indicazioni contenute in diversi studi e alle raccomandazioni degli esperti,
che associano l’assunzione di questa sostanza a numerosi benefici in termini di
salute.
“Il tasso di crescita annuo composto di questa vitamina è pari al 20% in
tutto il mondo e in Italia produce un mercato” commenta Pani “che ammonta a 187 milioni
di euro su base annua. L’AIFA ha guardato con attenzione i dati e ciò che
emerge è che ad essere in aumento è il consumo di vitamina D da sola (+17,6%
rispetto al 2012), mentre è in riduzione il consumo di farmaci a base di calcio
in combinazione con Vitamina D (-3,6% rispetto al 2012) e quello del calcio da
solo è costante. In poche parole ci troviamo di fronte a prescrizioni di
Vitamina D non appropriate, ad esempio per le diete dimagranti, non sostenuto
dalle evidenze scientifiche”.
A livello regionale il consumo di vitamina D ed analoghi presenta
un’ampia variabilità, con i livelli più elevati in Puglia, Abruzzo e Molise,
mentre quelli più contenuti si registrano in Valle d’Aosta, Piemonte ed Umbria.
Esiste una giustificazione clinica per questo aumento delle
prescrizioni? Recentemente alcune revisioni sistematiche hanno sollevato dei
dubbi circa l’utilità dell’impiego della vitamina D per prevenire
l’osteoporosi, se assunta da sola, oltre che sui suoi effetti sulla salute in
generale.
Secondo uno studio pubblicato sull’autorevole rivista
scientifica The Lancet, quasi la metà degli adulti di età superiore ai 50 anni
assume integratori a base di vitamina D, come coadiuvante nella prevenzione
dell’osteoporosi. I ricercatori, guidati dal Prof. Ian Reid, hanno analizzato,
con la metodologia della revisione sistematica, 23 trial clinici (durata media
23 mesi e mezzo, 4082 partecipanti in totale, 92% donne, età media 59 anni). La
conclusione del team di ricerca è stata piuttosto netta: non esistono evidenze
sufficienti a sostegno dell’assunzione di integratori di vitamina D negli
adulti che non presentano rischi specifici di deficienza di questa vitamina.
L’assunzione abituale di vitamina D non ha dunque mostrato effetti
significativi sulla densità minerale ossea e pertanto sulla capacità di
prevenire l’osteoporosi.
Un’altra revisione sistematica,
a cura di Autier et al., pubblicata su “The Lancet - Diabetes and Endocrinology”,
ha analizzato 450 studi, prospettici e interventistici, per determinare se vi
fosse una relazione inversa tra la concentrazione di calcidiolo (25(OH)D) e
l’insorgenza di varie patologie non muscolo scheletriche (tra cui aumento
ponderale, malattie infettive, sclerosi multipla, disordini dell’umore e molti
altri) arrivando a una conclusione sorprendente. La carenza di vitamina D
sarebbe, secondo gli studiosi, un effetto della malattia e non la causa. Il
team di ricercatori indica nei processi infiammatori, coinvolti nell’insorgenza
della malattia, e nel decorso clinico la causa della riduzione dei livelli di
25 (OH) D, spiegando perché bassi livelli di vitamina D vengono riportati in
merito a una vasta gamma di disturbi.
Entrambi gli studi indicano la necessità di un ripensamento critico,
alla luce delle evidenze, dell’utilità terapeutica degli integratori di
vitamine e minerali, come peraltro sostenuto con forza da numerosi clinici su “Annals of Internal Medicine” In un
editoriale titolato in maniera inequivocabile “Enough Is Enough: Stop
Wasting Money on Vitamin and Mineral Supplements”, gli autori fanno
notare che “la prescrizione di integratori di vitamina D, tuttavia, è un’area di
ricerca ancora aperta, in particolare per quanto riguarda le persone carenti.
Gli studi clinici sono ambigui e talvolta contraddittori”.
E aggiungono che “anche se sono necessari studi futuri per chiarire
l'uso appropriato degli integratori di vitamina D, l’attuale utilizzo
generalizzato non è basato su prove concrete che i benefici siano superiori ai
rischi”.
Leggi i dati di Euromonitor International
Consulta le revisioni sistematiche sugli effetti
della vitamina D su osteoporosi e sulle malattie non muscolo scheletriche
Leggi l’opinione di alcuni clinici su vitamine e integratori
Fonte: pagina web AIFA 12.2.2014